giovedì 23 maggio 2013

BELLO CIAO!

Era impossibile rimanere indifferenti alle parole di don Gallo ed era impossibile non rimanere affascinati dalla sua Chiesa.
Quella degli uomini e delle donne. Di drogati e barboni. Di gay e lesbiche.
Un cappello nero, una sciarpa rossa e un toscano hanno rincorso per ottantaquattro anni la fame di verità e giustizia, chi lo chiamava anarchico chi comunista.Chi don e chi compagno.

Da giorni sapevamo della sua ultima battaglia e tutti eravamo convinti che anche in questo caso le avrebbe riso in faccia, sfidandola.


 



E forse lo ha fatto, ma poi ha preferito andare a tovare il suo amico Faber, ovviamente sempre, in direzione ostinata e contraria.








venerdì 10 maggio 2013

IL DIVO

Sento di condividere le parole di Giulio Cavalli sulla morte di Andreotti e che qui riporto:

E’ morto un amico dei mafiosi ma piangono uno statista

Eccolo, alla fine è morto. E il cristianesimo e la pietà umana che gli abbiamo concesso di sventolare mentre bestemmiava Dio nel suo agire politico oggi si alza ancora per celebrarlo.
Noi siamo un popolo così: non riconosciamo la gratitudine dal ricatto perché abbiamo avuto gentilissimi maestri di inumanità come il grigio Giulio. Ci hanno convinto che essere cinici sia una virtù e che essere buoni è da coglioni, ci hanno insegnato a dividere il fine dai mezzi e giudicare solo il risultato, ci hanno detto per decenni che la mafia è un febbriciattola leggera in cui inevitabilmente si incappa nel fare politica “alta” ma che passa con un po’ di riposo e che certe cose bisogna lasciarle a Dio e intanto Dio lo prostituivano per il prossimo appalto. Il maestro di questa perversione diventata buona educazione è il Divo Giulio Andreotti che chissà come sarà felice di leggere oggi nei suoi coccodrilli unti e servili che il suo ingranaggio è ben oliato e funziona ancora.
E’ morto un amico dei mafiosi fino alla primavera del 1980 come accertato nelle carte giudiziarie. Poi dicono che è guarito. Come un raffreddore. E alcuni ci hanno creduto, altri hanno pregato per lui e qualcuno ha messo a disposizione il proprio studio televisivo per farne il suo bidet. E’ morto uno di quegli amici dei mafiosi che si meriterebbe un funerale dove i partecipanti siano filmati e schedati e invece ci saranno tutte le alte cariche di questo Governo che nasce con quel grigio di mezzo fetido e cinico come piaceva a lui.
E’ morto un bugiardo. Spergiuro davanti alla Costituzione, alla Legge e al suo Dio. Che ha detto al Paese di farlo per il suo bene.
E’ morto un uomo che ha svenduto gli ideali politici per le trattative da bottega e ha inventato il compromesso ad ogni costo come pregio da mediatore piuttosto che codardìa intellettuale come sarebbe stato in un Paese normale.
E’ morto un mediocre che ha avuto bisogno di scavalcare le regole perché non riusciva ad amministrare rispettandole.
E’ morto un uomo grigio, come lo scriveva Aldo Moro nelle sue ultime lettere dalla prigionia:
Tornando poi a Lei, on. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera. Non è questa una colpa. Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, on. Andreotti, è proprio questo che Le manca. Lei ha potuto disinvoltamente navigare tra Zaccagnini e Fanfani, imitando un De Gasperi inimitabile che è a milioni di anni luce lontano da Lei. Ma Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell’insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un pò più, un pò meno, ma passerà senza lasciare traccia.
E’ morto Giulio Andreotti ma non ha lasciato orfani, perché tutto intorno i suoi allievi sono diventati grandi e camminano con le loro gambe e hanno imparato bene a non mostrare chi tengono per mano.
Gli elogi funebri che leggerete oggi sono l’effetto dell’etica erosa negli anni dalla mafia e dal brigantaggio politico. Chissà almeno che lo schiaffeggi Dio. Perché qui ci siamo prescritti tutti per interessi o vigliaccheria.

venerdì 3 maggio 2013

LA COSA GIUSTA!


La cosa giusta. L’11 maggio a Roma incontro largo e aperto per la costruzione di un progetto comune.

Di fronte all’avvitamento che ha stretto la politica italiana in questi due mesi dal voto, di fronte all’implosione del Partito Democratico che manda in frantumi in un sol colpo alleanza e programma di una coalizione alternativa alle destre e ci consegna quel governissimo che aveva fin qui sempre escluso, noi dobbiamo fare la cosa giusta. Ancor di più lo dobbiamo a quella parte delle elettrici e degli elettori italiani che con il voto ha espresso una travolgente domanda di cambiamento. E’ la parte maggioritaria del paese, nessuno può dimenticarlo. Da lì, dentro lì deve nascere adesso la costruzione – per quanto faticosa e difficile possa essere – di una risposta politica della crisi che assuma interamente su di sé il senso di ciò che può e deve essere, nel tempo presente e in quello futuro, la sinistra in Italia.
Mettiamolo subito in chiaro: la nostra opposizione sarà rivolta, giorno dopo giorno e decreto dopo decreto, a misurare l’efficacia dell’agire politico, tanto del governo che contrastiamo come del nostro modo di stare nel Parlamento e nella società. Nessun ripiegamento identitario, nessuna indulgenza al populismo liquidatorio e all’antipolitica semplificatrice. Sappiamo bene che la crisi, le diverse crisi che contestualmente agiscono, si caricano del segno della complessità, culturale innanzitutto, delle risposte che richiedono se vogliamo aggredirle dal versante dell’eguaglianza sociale e della democrazia politica. Ci opporremo a questo governo con l’intento di strappare di volta in volta risultati concreti, quelli che la parte maggioritaria della società italiana ha indicato attraverso il voto. L’opposizione, per la quale non abbiamo mai lavorato né prima del voto né durante questi due mesi nei quali si è consumata la torsione moderata del Partito Democratico, dovrà essere – nelle condizioni date – il punto di coagulo della nostra sfida politica. Che è poi, né più né meno, la sfida tanto difficile quanto necessaria di costruire in Italia una sinistra che assume i beni comuni e la conversione ecologica, i diritti delle persone e la dignità del lavoro come i pilastri su cui costruire il proprio profilo di governo. Qui si misura la nostra capacità di una ricerca culturale, di una proposta progettuale, di una iniziativa politica che giunga a rovesciare l’assunto dominante, purtroppo largamente diffuso anche dentro lo stato maggiore del Partito Democratico, secondo cui il tempo della crisi è necessariamente lo stesso che depotenzia i diritti acquisiti, smantella il già debole welfare italiano, considera l’eguaglianza sociale qualcosa di estraneo, se non addirittura contrapposto, alla modernità. E’ precisamente su questo specifico terreno che dobbiamo combattere, specularmente a quel che con abilità ed efficacia ha fatto nel corso degli anni quel berlusconismo dato troppe volte per morto e viceversa proprio qui sempre risorto, una forte e radicale battaglia delle idee, una battaglia egemonica sui valori fondanti di una società democratica. La nostra stessa decisione di entrare a far parte della famiglia del socialismo europeo è portatrice di questa ricerca inedita per tanta parte di quella cultura politica. Dunque il nostro obiettivo primario, oggi che la nascita del governassimo altro non può che vederci all’opposizione, è e rimane quello di costruire una nuova soggettività politica di sinistra in Italia. Lo diciamo in primo luogo a quelle donne e a quegli uomini del centrosinistra che da alcuni giorni vivono la frustrazione di un’altra sconfitta, forse ancora più bruciante della mancata vittoria elettorale, lo smarrimento e lo sbandamento che deriva, in loro come in noi, dal ritrovarsi Berlusconi al culmine del successo politico, dal sentire quelle inequivocabili parole di Alfano a commento del discorso d’insediamento di Enrico Letta – “musica per le mie orecchie” – impensabili dopo il fallimento del sostegno dei due maggiori partiti al governo tecnico di Monti. Questa nuova soggettività politica è, dovrà essere, prima di tutto uno spazio aperto e noi di Sinistra Ecologia Libertà che in questi tre anni ci siamo dati la missione di una sinistra di governo, a vocazione europea, radicalmente riformista, oggi siamo pronti nel metterci a disposizione per un progetto largo, condiviso, partecipato. Soprattutto autonomo nel suo profilo culturale e nella sua proposta politica. Proprio per questo nulla è più distante da noi che il pensare di poter lucrare sulla crisi profonda cui è giunto il Partito Democratico. Verso quel partito con cui abbiamo costruito l’alleanza di Italia Bene Comune e il programma della Carta d’Intenti – quella sì buona musica per le nostre orecchie come per quelle di tanta parte del popolo della sinistra – non si compirà da parte nostra nessuna operazione di logoramento ai fianchi, né ci proponiamo di essere la zattera che traghetta profughi e fuggiaschi di altre compagnie politiche. E’ invece a quel suo e nostro popolo, al popolo che guarda e attende il cambiamento del paese che intendiamo rivolgerci. Se mai il centrosinistra ha una bandiera, e non può non averla, noi adesso l’innalzeremo dall’opposizione. Quella bandiera chiederà al Partito Democratico, dalle aule parlamentari come dalle piazze del paese, di aprire bene gli occhi e di guardare in faccia il cambiamento che attraversa l’Italia con il suo carico di sofferenze e di speranze. Questo è il senso dell’iniziativa che mettiamo in campo il prossimo 11 maggio in Piazza Santi Apostoli a Roma, con una manifestazione aperta ai movimenti, alle associazioni, agli amministratori di città e regioni, a chi opera nel mondo del lavoro, della cultura, della produzione. Non la semplice manifestazione di un partito, ma l’incontro largo e aperto di donne e di uomini per la costruzione di un progetto comune, reso oggi più urgente e necessario da una politica che s’incaglia nel cono d’ombra di quel berlusconismo che finirà, ancora una volta, per distribuire le carte della partita aperta con la formazione del nuovo governo.