La cosa giusta. L’11 maggio a Roma incontro largo e aperto per la costruzione di un progetto comune.
Di fronte
all’avvitamento che ha stretto la politica italiana in questi due mesi
dal voto, di fronte all’implosione del Partito Democratico che manda in
frantumi in un sol colpo alleanza e programma di una coalizione
alternativa alle destre e ci consegna quel governissimo che aveva fin
qui sempre escluso, noi dobbiamo fare la cosa giusta. Ancor di
più lo dobbiamo a quella parte delle elettrici e degli elettori italiani
che con il voto ha espresso una travolgente domanda di cambiamento. E’
la parte maggioritaria del paese, nessuno può dimenticarlo. Da lì,
dentro lì deve nascere adesso la costruzione – per quanto faticosa e
difficile possa essere – di una risposta politica della crisi che assuma
interamente su di sé il senso di ciò che può e deve essere, nel tempo
presente e in quello futuro, la sinistra in Italia.
Mettiamolo subito in chiaro: la nostra opposizione sarà rivolta,
giorno dopo giorno e decreto dopo decreto, a misurare l’efficacia
dell’agire politico, tanto del governo che contrastiamo come del nostro
modo di stare nel Parlamento e nella società. Nessun ripiegamento
identitario, nessuna indulgenza al populismo liquidatorio e
all’antipolitica semplificatrice. Sappiamo bene che la crisi, le diverse
crisi che contestualmente agiscono, si caricano del segno della
complessità, culturale innanzitutto, delle risposte che richiedono se
vogliamo aggredirle dal versante dell’eguaglianza sociale e della
democrazia politica. Ci opporremo a questo governo con l’intento di
strappare di volta in volta risultati concreti, quelli che la parte
maggioritaria della società italiana ha indicato attraverso il voto.
L’opposizione, per la quale non abbiamo mai lavorato né prima del voto
né durante questi due mesi nei quali si è consumata la torsione moderata
del Partito Democratico, dovrà essere – nelle condizioni date – il
punto di coagulo della nostra sfida politica. Che è poi, né più né meno,
la sfida tanto difficile quanto necessaria di costruire in Italia una
sinistra che assume i beni comuni e la conversione ecologica, i diritti
delle persone e la dignità del lavoro come i pilastri su cui costruire
il proprio profilo di governo. Qui si misura la nostra capacità di una
ricerca culturale, di una proposta progettuale, di una iniziativa
politica che giunga a rovesciare l’assunto dominante, purtroppo
largamente diffuso anche dentro lo stato maggiore del Partito
Democratico, secondo cui il tempo della crisi è necessariamente lo
stesso che depotenzia i diritti acquisiti, smantella il già debole
welfare italiano, considera l’eguaglianza sociale qualcosa di estraneo,
se non addirittura contrapposto, alla modernità. E’ precisamente su
questo specifico terreno che dobbiamo combattere, specularmente a quel
che con abilità ed efficacia ha fatto nel corso degli anni quel
berlusconismo dato troppe volte per morto e viceversa proprio qui sempre
risorto, una forte e radicale battaglia delle idee, una battaglia
egemonica sui valori fondanti di una società democratica. La nostra
stessa decisione di entrare a far parte della famiglia del socialismo
europeo è portatrice di questa ricerca inedita per tanta parte di quella
cultura politica. Dunque il nostro obiettivo primario, oggi che la
nascita del governassimo altro non può che vederci all’opposizione, è e
rimane quello di costruire una nuova soggettività politica di sinistra
in Italia. Lo diciamo in primo luogo a quelle donne e a quegli uomini
del centrosinistra che da alcuni giorni vivono la frustrazione di
un’altra sconfitta, forse ancora più bruciante della mancata vittoria
elettorale, lo smarrimento e lo sbandamento che deriva, in loro come in
noi, dal ritrovarsi Berlusconi al culmine del successo politico, dal
sentire quelle inequivocabili parole di Alfano a commento del discorso
d’insediamento di Enrico Letta – “musica per le mie orecchie” –
impensabili dopo il fallimento del sostegno dei due maggiori partiti al
governo tecnico di Monti. Questa nuova soggettività politica è, dovrà
essere, prima di tutto uno spazio aperto e noi di Sinistra Ecologia
Libertà che in questi tre anni ci siamo dati la missione di una sinistra
di governo, a vocazione europea, radicalmente riformista, oggi siamo
pronti nel metterci a disposizione per un progetto largo, condiviso,
partecipato. Soprattutto autonomo nel suo profilo culturale e nella sua
proposta politica. Proprio per questo nulla è più distante da noi che il
pensare di poter lucrare sulla crisi profonda cui è giunto il Partito
Democratico. Verso quel partito con cui abbiamo costruito l’alleanza di
Italia Bene Comune e il programma della Carta d’Intenti – quella sì
buona musica per le nostre orecchie come per quelle di tanta parte del
popolo della sinistra – non si compirà da parte nostra nessuna
operazione di logoramento ai fianchi, né ci proponiamo di essere la
zattera che traghetta profughi e fuggiaschi di altre compagnie
politiche. E’ invece a quel suo e nostro popolo, al popolo che guarda e
attende il cambiamento del paese che intendiamo rivolgerci. Se mai il
centrosinistra ha una bandiera, e non può non averla, noi adesso
l’innalzeremo dall’opposizione. Quella bandiera chiederà al Partito
Democratico, dalle aule parlamentari come dalle piazze del paese, di
aprire bene gli occhi e di guardare in faccia il cambiamento che
attraversa l’Italia con il suo carico di sofferenze e di speranze.
Questo è il senso dell’iniziativa che mettiamo in campo il prossimo 11
maggio in Piazza Santi Apostoli a Roma, con una manifestazione aperta ai
movimenti, alle associazioni, agli amministratori di città e regioni, a
chi opera nel mondo del lavoro, della cultura, della produzione. Non la
semplice manifestazione di un partito, ma l’incontro largo e aperto di
donne e di uomini per la costruzione di un progetto comune, reso oggi
più urgente e necessario da una politica che s’incaglia nel cono d’ombra
di quel berlusconismo che finirà, ancora una volta, per distribuire le
carte della partita aperta con la formazione del nuovo governo.