mercoledì 30 maggio 2012

PARTECIPARE NEI QUARTIERI !


Il primo appuntamento è fissato per il 31 maggio, ore 21.00, a Villa Delfina, in via Donatello. Scopo dell’incontro, aggiornare i cittadini crennesi, e in particolare i residenti nella zona della Boschina, sul progetto per la realizzazione di una pista ciclopedonale collegato a un Piano Integrato d’Intervento. L’assemblea fa seguito a quella dello scorso ottobre, in cui l’Amministrazione comunale illustrò i dettagli dell’iniziativa e raccolse proposte e idee degli abitanti del rione per apportare modifiche al disegno originario. Parteciperanno alla serata il sindaco, Edoardo Guenzani, il vicesindaco e assessore alla Programmazione Territoriale, Angelo Senaldi, e l’assessora alla Partecipazione Democratica, Cinzia Colombo.
«Quello di giovedì prossimo – commenta quest’ultima – vuole essere l’inizio di un percorso che porti l’Amministrazione in tutti i rioni della città. Attraverso l’ascolto di proposte e indicazioni provenienti dai gallaratesi da una parte, il riscontro offerto da sindaco e assessori dall’altra, con tanto di spiegazione su quanto può o non può essere realizzato, si intende dare il via a una vera e propria cittadinanza attiva. Non solo raccogliendo le segnalazioni provenienti da quartieri e rioni, ma anche studiando la possibilità di offrire spazi per incontri fra cittadini, per costituire laboratori di idee. Magari tenendo presenti anche iniziative che stanno crescendo, come quella dell’Associazione Buon Vicinato».
Per suscitare l’interesse dei gallaratesi, gli incontri potranno prendere spunto da argomenti di particolare interesse per un singolo rione. Da lì, la possibilità di ampliare il raggio del confronto e della discussione. Il secondo appuntamento è in programma a Sciarè nel mese di giugno. Primo punto all’ordine del giorno, la presentazione della Zona a Rilevanza Urbanistica, la cui costituzione consentirà, in stalli delimitati da strisce gialle, la sosta gratuita e senza limiti di orario ai residenti della zona.

MICHELE SERRA:


La sola cosa buona dei terremoti è che ci costringono, sia pure brutalmente, a rivivere il vincolo profondo che abbiamo con il nostro paese, i suoi posti, la sua geografia, la sua storia, le sue persone. Appena avvertita la scossa, se non si è tra gli sventurati che se la sono vista sbocciare proprio sotto i piedi, e capiamo di essere solo ai bordi di uno squasso tremendo e lontano, subito si cerca di sapere dov'è quel lontano.

E quanto è lontano, e chi sono, di quel lontano, gli abitanti sbalzati dalle loro vite. Si misurano mentalmente le pianure o le montagne che ci separano dal sisma. Prima ancora che computer e tivù comincino a sciorinare, in pochi minuti, le prime immagini, le macerie, i dettagli, i volti spaventati, la nostra memoria comincia a tracciare una mappa sfocata, eppure palpitante, di persone, di piazze, di strade, di case. Una mappa che è al tempo stesso personale (ognuno ha la sua) e oggettiva, perché è dall'intreccio fitto delle relazioni, dei viaggi, delle piccole socialità che nasce l'immagine di un posto, di un popolo, di una società.

Leggo sul video Cavezzo e subito rivedo un casolare illuminato in mezzo ai campi in una notte piena di lucciole, ci abitava e forse ci abita ancora un mio amico autotrasportatore, Maurizio, non lo sento da una vita, cerco il suo numero sul web, lo trovo, lo faccio ma un disco risponde che il numero è sconnesso.

A Finale Emilia viveva, e forse vive ancora, la Elia, la magnifica badante che accompagnò mia nonna 

alla sua fine. Era nata in montagna, nell'Appennino modenese, faceva la pastora e governava le pecore, scendere nella pianura ricca a fare l'infermiera era stato per lei, come per tanti italiani nella seconda metà del Novecento, l'addio alla povertà, l'approdo alla sicurezza: ma ancora raccontava con gli occhi lucidi di felicità di quando da ragazzina cavalcava a pelo, galoppando sui pascoli alti. Molti degli odierni italiani di pianura hanno radici in montagna. L'Appennino ha scaricato a valle, lungo tutta l'Emilia, un popolo intero di operai e di impiegati. La sua popolazione, dal dopoguerra a oggi, è decimata: dove vivevano in cento oggi vivono in dieci, come nelle Alpi di Nuto Revelli.

Andai a trovarla a Finale, tanti anni fa, per il funerale di suo figlio, era estate e l'afa stordiva. Le donne camminavano davanti e gli uomini dietro, si sa che i maschi hanno meno dimestichezza con la morte. Non c'erano ancora i navigatori e arrivai in ritardo, in quei posti è molto facile perdersi, le strade sono un reticolo che inganna, è un pezzo di pianura padana aperto, arioso, disseminato di paesi e cittadine, ma non ci sono città grandi a fare a punto di riferimento (anche questo, penso, ha contributo a limitare il numero delle vittime). Se sei un forestiero e l'aria non è limpida, e non vedi l'Appennino che segna il Sud e - più lontano - le Alpi che indicano il Nord, ti disorienti, non sai più dove stai andando. Forse da nessun'altra parte la Pianura Padana appare altrettanto vasta e composita, non si è lontani da Modena, da Bologna, da Mantova, da Ferrara, ma neppure si è vicini. Anche per questo ogni paese ha forte identità: non è periferia di niente e di nessuno. Uno di Finale Emilia è proprio di Finale Emilia, uno di Crevalcore proprio di Crevalcore.
Crevalcore è bellissima, è uno di quei posti italiani dei quali non si parla mai, una delle tante pietre preziose che ignoriamo di possedere. La struttura è del tredicesimo secolo, pianta quadrata, città fortificata. Ci andai molto tempo fa per un dibattito, cose di comunisti emiliani, ex braccianti e operai che ora facevano il deputato o il sindaco e discutevano di piani regolatori ma anche del raccolto di fagiolini, facce comunque contadine con la cravatta allentata, seguì vino rosso con grassa cucina modenese perché Crevalcore è ancora in provincia di Bologna, l'ultimo lembo a nord-ovest, ma è a un passo da Modena, e dunque tigelle con lardo e aglio.


Non riesco a ritrovare, di quei posti, un solo ricordo che non sia amichevole, socievole, conviviale. Non è vero che è la natura contadina, ci sono anche contadini diffidenti e depressi. È piuttosto l'equilibrio fortunato, e raro, tra benessere individuale e vincoli sociali, sono paesi di volontari di ambulanza e di guidatori di fuoriserie, di bagordi in discoteca e di assistenza agli anziani.
La parola "lavoro", da quelle parti, è diventata una specie di unità di misura generale: li avrete sentiti anche voi, gli anziani, dire ai microfoni dei tigì "mai visto un lavoro del genere", il lavoro cattivo del terremoto. Come fosse animato da uno scientifico malanimo contro il luogo, ha colpito soprattutto i capannoni industriali, le chiese e i municipi. E quei portici, quei fantastici luoghi di mezzo tra aperto e chiuso, con le botteghe e i caffé, che sfregio vederli offesi, ingombri di macerie e sporchi di polvere. Sono stati colpiti, come in un bombardamento scellerato, tutti i luoghi dell'identità e della socialità. La fabbrica e la piazza, che nell'Emilia rossa sono quanto resta (molto) di un modello economico che ha prodotto meno danni che altrove. Vorticoso come in tutto il Nord, con qualche offesa all'ambiente come in tutto il Nord, con qualche malessere (le droghe, lo smarrimento, la noia) come in tutto il Nord, ma con una sua solidità, un suo equilibrio, una ripartizione intelligente tra industria e agricoltura, tra acciaio e campi.

A proposito, chissà se ha subito danni lo splendido museo Maserati che uno dei fratelli Panini ha eretto a Modena all'interno della sua azienda agricola. Lamiere lucenti in mezzo alle forme di parmigiano biologico (come quelle che la televisione mostra collassate, e sono un muro portante anche loro) e l'odore del letame che lega tutto, fa nascere tutto. I muggiti delle mucche, in mancanza di meglio, per simulare il rombo del motore. Per quanto il terremoto abbia fatto "un lavoro mai visto", il lavoro di quei padani di buon umore (quelli di cattivo umore, si è poi visto, sono stati una novità perdente) rimetterà le cose a posto, prima o poi. Quando tutto sarà finito, i morti sepolti, i muri riparati, e i visitatori non saranno più di intralcio ai soccorsi, andate a Crevalcore, e ditemi se non è bella.

sabato 26 maggio 2012

IL CEMENTO GALLARATESE

Si è concluso ieri il primo grado del processo Lo.li.ta a carico dell’ex dirigente dell’urbanistica gallaratese Gigi Bossi, di Federica Motta e Riccardo Papa. Per tutti la condanna per corruzione, con l’aggiunta per Bossi del reato di abuso d’ufficio e per Riccardo Papa di peculato (avendo addebitato all’ordine degli architetti l’acquisto in una gioielleria gallaratese).
Una sentenza che, insieme a quella del febbraio scorso che condannò per estorsione Nino Cainiello e Piermichele Miano (in relazione alla costruzione nell’area ex-Maino, dove è sorta l’Esselunga), mette in luce il legame fra cemento e questione morale.
Lo dicevamo da tempo. E purtroppo a ragione. Stante ovviamente la possibilità per tutti i condannati di ricorrere in appello. Lo dicevamo più di recente, in occasione della frettolosa e tutt’altro che trasparente approvazione del PGT nell’alba della giunta di centrodestra. Dicevamo che non solo di cemento trattava il Consiglio comunale sul PGT. In gioco era anche la questione morale.
Lo dicevamo nell’agosto del 2010 quando con l’abbattimento di Casa Calcaterra di via Roma, l’impresa Bonicalzi fece un comunicato durissimo in cui affermava di non avere mai pagato tangenti, lasciando intendere che questa non era pratica comune nella nostra città.

Lo dicevamo da anni, sottolineando come l’eccessivo proliferare di gru in ogni angolo della città, mentre aumentavano gli immobili invenduti e sfitti, doveva fare riflettere. Certo non sapevamo quanto il processo ha fatto emergere in questi anni. Lo avessimo saputo, ne avremmo subito informato la Procura. Ma pure denunciavamo come il consiglio comunale era tenuto spesso all’oscuro di decisioni riguardanti l’urbanistica.
Per questo non ci stiamo nell’essere paragonati a chi, nella maggioranza, nulla vedette, sentì, criticò. Perché in quel giorno del 26 maggio 2008 in cui vennero eseguiti gli arresti, c’era chi dava la propria solidarietà all’ex dirigente e chi invece, dall’opposizione, chiedeva trasparenza. L’avevamo chiesta prima e abbiamo continuato a farlo. Lo facciamo anche ora. Solo che ora, insieme a tutta la maggioranza, la trasparenza la garantiamo.

Sinistra Ecologia Libertà, Gallarate.

martedì 22 maggio 2012

DIAMO I NUMERI...

Il Bilancio è uno degli atti fondamentali della vita delle amministrazioni comunali. Ma è anche uno dei più complessi. Per facilitarne la comprensione ai cittadini e ottemperare a criteri di chiarezza e trasparenza, tenteremo, nel nostro sito, di spiegare con termini semplici cosa è il bilancio comunale, come viene definito, a quali vincoli deve sottostare, quali sono i suoi significati economici e sociali.

Clicca su:

http://www.selgallarate.it/?cat=226 

IL BILANCIO


Non è mai facile parlare di bilancio, di soldi, investimenti e richieste economiche, in un momento come quello che stiamo vivendo.

Risulta a tratti perfino sgradevole e inopportuno quando le notizie che quotidianamente apprendiamo dai giornali o dalla radio ci descrivono un’Italia minuscola e gretta, ignorante e furba, nel senso peggiore del termine.

Un’Italia fatta di ladri con la voce grossa e di finti laureati con il cervello fino, come si dice.

Un’Italia fatta di uomini che si tolgono la vita per la perdita del loro lavoro e fatta da donne che questi uomini li piangono.

Ed è difficile parlare di soldi anche quando i lavoratori e le lavoratrici, padri e madri di figli bamboccioni e sfigati (per citare il viceministro Martone) , sono quotidianamente in balia di quelle cosiddette riforme, che sempre più subiscono il lavoro e chi lo fa.

Il Presidente Monti dice che stiamo vivendo una svolta storica.
Una svolta, però, che riporta il nostro Paese indietro di 50 anni, cancellando i principi cardine della nostra Carta Costituzionale e ignorando ogni principio di buon senso civico e morale, dove le manovre ci sono, ma tutte a marcia indietro.

E prima di lui Silvio Berlusconi e Umberto Bossi che prima tolgono l’ICI e poi introducono con la riforma del federalismo fiscale di Calderoli e Tremonti l’IMU.
Gli stessi che hanno a lungo negato la crisi economica, come se non ci dovesse riguardare, ma si manifesta ora in tutti i suoi effetti dirompenti, disgreganti, duraturi nel tempo, tanto sulla vita delle singole persone come su quella delle istituzioni.

Non possiamo pensare che anche nella nostra città le cose siano andate diversamente.

Siamo arrivati a tutti quei nodi collezionati in oltre 10 anni di chiacchiere demagogiche e populiste mescolate a feroci politiche che hanno colpito al cuore la nostra città.

Anni di berlusconismo che hanno devastato la fisionomia urbana ed economica della città.

Abbiamo subito per anni scelte che non facevano minimamente riferimento al medio o al lungo periodo, quello che noi oggi stiamo pagando. Per anni l’Amministrazione non ha saputo, o non ha voluto, vedere cosa c’era fuori dal Palazzo Comunale, e dunque eccoci oggi con un deficit economico di milioni di Euro, causato da sprechi, non sempre trasparenti, di soldi pubblici.

Le Giunte e le maggioranze di Nicola Mucci prima e Massimo Bossi poi, sono la negativa conseguenza di una politica impegnata a costruire grandi ed insostenibili opere pagate centinaia di migliaia di Euro.

La cattiva gestione del bilancio ha fatto in modo che non venisse rispettato il patto di stabilità, che aveva come obiettivo per l’anno 2011, un saldo positivo di almeno 2.610.000 Euro. Uno sforamento che già nel giugno 2011 era ormai palese. A rendere impossibile il raggiungimento dell’obiettivo le spese in conto capitale: rispetto a una previsione di entrata di 7.765.000 Euro, erano stati incassati soli 1.824.000 Euro, mentre già a giugno la spesa era di 11.082.000 Euro, rispetto ad una previsione per l’intero anno di 7.000.000 Euro. La differenza fra l’entrata e la spesa realmente realizzata era quindi un disavanzo di oltre 9.000.000 di Euro. A incidere fortemente le spese per la scuola Falcone, il cui costo, progressivamente  moltiplicato è stato sostenuto (per accordi precedenti tra Giunta PDL Gallaratese e Provincia) dal Comune, benché sia una scuola superiore di competenza Provinciale.
Il conseguente sforamento del patto comporta la riduzione del contributo statale di 1.595.000 Euro (oltre 30 Euro pro capite per cittadino gallaratese), il divieto di assumere personale e di retribuire fondi incentivanti oltre al divieto di indebitamento per investimenti.

Numeri che parlano di tagli di trasferimenti dallo stato per volere di Tremonti e Monti, e di trasferimenti dalla Regione di Formigoni per quasi 2.000.000 Euro, in prevalenza destinati al sociale.

In questa situazione non si poteva che concepire un bilancio con un taglio agli sprechi e alle spese, ovviamente facendo attenzione a quelle più inutili e individuando un piano di valorizzazione ed alienazione degli immobili comunali.

Ma siccome non è bastato questo, necessariamente abbiamo dovuto fare i conti anche con le tasse. E così per raggiungere il pareggio di bilancio abbiamo ragionato su IMU e IRPEF.

Sull’addizionale comunale IRPEF si è deciso di differenziare l’aliquota in relazione al reddito percepito da ogni contribuente.
In un quadro di bilancio difficile frutto della crisi, dei tagli agli Enti locali, dei tagli aggiuntivi della regione Lombardia e della situazione lasciata dai 10 anni di Mucci nel bilancio comunale come in AMSC e nelle Fondazioni, l’ amministrazione di Gallarate ha deciso di differenziare le aliquote in base al reddito posseduto, decidendo di chiedere un sacrificio maggiore a chi più ha.

L’IMU, una tassa iniqua voluta da Bossi e dalla Lega, viene pagata al Comune ma una grande parte andrà nelle casse governative però ad oggi è ancora confusa, definita con incerti e instabili ragionamenti e confini.

L’emendamento presentato dimostra ciò che intendo: il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia converte in legge a maggio, un decreto legislativo di aprile, per regolare pagamenti di giugno.
La previsione Ministeriale relativa all’applicazione delle aliquote base è pari a circa 14.800.000 Euro, con un delta positivo di 4.180.000 rispetto alla nostra previsione di 10.600.000. La previsione IMU passa dunque da 18.200.000 Euro a 22.380.000 Euro. Parallelamente ed in egual misura scende il trasferimento statale.
L’ amministrazione di Gallarate ha per ora previsto l’ applicazione delle aliquote più elevate riservandosi però di ridurle a settembre se l’effettivo gettito dovesse rivelarsi migliore di quanto inizialmente stimato.

Siccome le decisioni in materia economica si riflettono naturalmente sulla vita quotidiana di ogni singolo cittadino a fronte di questo aumento di tasse si deve però tenere necessariamente in considerazione che si intende perseguire altresì la volontà di non svendere il territorio, senza cercare entrate negli oneri di urbanizzazione e salvaguardando le aree verdi; restando inoltre sensibili a non tagliare importanti servizi, politiche sociali e di solidarietà.
 
In un clima politico ed economico come quello attuale, parlare di tasse non è mai piacevole, soprattutto se queste ricadono incondizionatamente anche sui ceti bassi e su chi non è direttamente coinvolto nelle scelte.
è scorretto che a pagare le conseguenze di una cattiva gestione causata da una incapacità e da un pressapochismo, siano i lavoratori, i dipendenti comunali e più in generale tutti i cittadini gallaratesi.

Bisogna però essere anche in grado di saper gestire le dinamiche che ci circondano e rendersi conto che non è sufficiente indicare chi sbaglia ma cercare di trovare una soluzione.
Quale essa sia, anche se dolorosa.
Cambiare significa anche questo, assumersi le responsabilità di praticare il cambiamento.
Le ricette economiche che stiamo votando non so se siano quelle più gustose, ma sicuramente indispensabili per ridare forza e vitalità ad una situazione pecuniaria davvero preoccupante.
In questo anno è stato fatto un lavoro prezioso: rendere i conti pubblici trasparenti e comprensibili,  sia quelli delle casse comunali che delle aziende partecipate.
Dai banchi dell’opposizione hanno più volte accusato l’amministrazione di immobilismo.
Ma anche stasera diamo prova di come l’impegno e lo sforzo per realizzare una Gallarate migliore sia sempre molto alto.

Approvare questo bilancio significa sin da ora dare alla città un segnale forte e credibile, un segnale di trasparenza nell’attesa della votazione del prossimo bilancio, frutto di una condivisione con i cittadini gallaratesi a fronte di una partecipazione costruttiva, perchè Il bilancio influisce totalmente su ogni singolo cittadino: dalla manutenzione delle strade, alle scuole, ai servizi sociali, alle politiche ambientali, ecc...



MACAO: ESSERNE COMPLICE

«Sono stato lunedì 5 maggio a Macao, poi ci sono tornato giovedì 8.
Tutti i dubbi, leciti, sono stati fugati immediatamente dall’energia che si respira, dalle intenzioni sane dall’autonomia di pensiero.
C’è chi non ci crede, chi ancora non si fida ma le pose esistenziali esisteranno sempre anche da parte di chi c’è.
Io stesso potrei essere con i ragazzi solo per posa, anche se non mi sono mai messo in posa neanche al mio matrimonio. C’è l’intelligenza in gioco, la volontà di migliorare , la volontà di essere adulti anche se giovani.
Non si parla di democrazia o di liberismo, ma di libertà. 
L’inerzia di un paese che non sa difendere il proprio futuro, è giusto che venga presa per mano e trasformata in tempo di costruzione, ricostruzione.
Dovunque l’inerzia è manifesta, è li che bisogna essere, scuotendo, creando, rendendo bello, bonificare la vita.
Milano è da tempo vittima di se stessa ed è lo specchio del degrado che ormai imperversa in tutto il paese.
Se un tempo la TV e l’informazione tutta dicevano quello che accadeva nel paese, oggi, da tempo, accade quello che dicono loro con la conseguenza che i modelli esistenziali di riferimento sono totalmente cambiati. 

L’ignoranza è un vanto.
La cocaina è uno status.
Il sesso è una merce di scambio. 
Il crimine è politicamente corretto.
Martedì 15 maggio Macao è stato sgomberato dalla torre Galfa.
Giusto forse legalmente, sbagliato eticamente.
Legalità ed etica non sono mai andate d’accordo.
Sono convinto che questa città meriti la mobilitazione che si è creata, perché esiste una città viva, a dispetto del sonno burocratico e verticale di chi l’ha governata e di chi ci sta provando nonostante gli si siano aperti gli occhi e siano sostenuti dalla stessa energia di un anno fa.
La strada è difficile, ma qualcuno la deve fare.
Sono e sarò sempre complice di chi segue l’istinto di libertà. Voler vivere meglio è un atto di legittima difesa.
Lottare per questo, è un atto di coraggio”.
Vostro complice Vincenzo Costantino Cinaski».